L’Accademia della Crusca ha decretato che in ambito informatico è preferibile l’uso del maschile, perciò noi ci adeguiamo.
Dunque, io di norma seleziono il font con cui scrivere in base all’umore del momento – con una netta predilezione per i caratteri lineari, i cosiddetti sans serif. Chiaro, perché fanno tanto Bauhaus Costruttivismo etc. – ma anche perché in definitiva sono i più leggibili, e la videoscrittura stanca maledettamente gli occhi.
Se mi sento ironica e ottimista, il mio stile preferito è sicuramente il Trebuchet MS: nato & pensato appositamente per la grafica digitale, è – tadaan – quello che ho scelto per il blog. (Tra l’altro, sottolineiamolo, ha il pregio di sciogliere magnificamente il tipico logogramma della e commerciale in un limpido et latino – adoro questa cosa ♥). Quando invece mi sento depressa o particolarmente spartana o più semplicemente mi struggo d’invidia per la sobria razionalità maschile e voglio sentirmi in grado di riprodurla, scelgo l’Helvetica. Tra quelli con le grazie, devozione assoluta per il Baskerville delle pagine Adelphi: per me l’ipostasi dello Stile. Per le comunicazioni più formali, invece, la scelta cade (quasi) sempre sul Times New Roman, il non plus ultra del politically correct, ma pur sempre elegante a modo suo. Quando sono di turno al choconegozio e mi trasformo in un’impersonale interfaccia messa a disposizione della clientela per interagire con la merce, io sento di parlare in Times. Non ha alcun senso, ma – credetemi – è così.
A volte, sbocconcellando qualcosa, mi perdo a studiare i font dei prodotti che ho sottomano. Mi diverto a identificarli. Lo fate anche voi? Che so, a occhio e croce, la Byredo deve aver optato per una specie di Avenir modificato ad hoc. L’Avenir, be’, lo sapete, è tipo l’aggiornamento contemporaneo di quel classicone del Futura (lo dice il nome stesso), il font più modernista di sempre, quello dell’infografica ferroviaria ecc.
Comunque – bah. Non mi ricordo più di cosa volevo parlarvi.
Lo sapevate che il primo prodotto ad essere confezionato in senso moderno è stato il sapone solido?
Non a caso, gran parte dell’avanguardia estetica in fatto di packaging è oggi appannaggio delle linee cosmetiche. Con qualche anacronismo ben studiato, come nel caso dell’Acqua alle rose della Manetti&Roberts, aderente fino alla morte a un’iconografia che potremmo banalmente definire retrò, se non fosse per il flacone di plastica che si limita a simulare quello originario di vetro. Il layout tuttavia è parecchio figo. Come quello del tè Twinings, è concepito come il frontespizio di un libro. Molti prodotti commercializzati nella prima metà del XIX secolo, sfruttavano per la realizzazione del packaging la stessa filiera della stampa editoriale, ecco perché conservano un aspetto, diciamo così, libresco. Che cosa carina.