IL MONTE

Appena mi sento meglio, mi inerpico sul Monte. Da qui si domina l’intera piana alluvionale del Basso Sarca, capolavoro geologico frutto dello scioglimento di antichi ghiacciai. Noi del posto la chiamiamo Busa, la Buca. Seguo le loro tracce. Ripasso con i polpastrelli le centinaia di Flabellipecten madreperlacei che affiorano dalla roccia. Sto toccando qualcosa che preesiste alla comparsa dell’uomo. Qualcosa che in origine riposava sul fondale limaccioso di un mare primordiale. Ora è roccia, roccia sedimentaria e farinosa. Passo oltre. Devio dal sentiero principale, abbandono l’uliveto per addentrarmi nel bosco di caducifoglie dove l’ombra è più fitta. Spezzo un ramo sotto il piede e un’upupa si alza in volo proprio sopra la mia testa. Il lago luccica in lontananza.

 

Poi una macchia di colore attira la mia attenzione, è un’orchidea spontanea. Ne crescono molte quassù nel biotopo. Non si fanno notare troppo. È proibito raccoglierle, così come è proibito prelevare fossili dalla fiancata del monte – anche se nulla vieta di raccoglierli da terra. Nel corso di alcuni scavi per l’allargamento del sentiero, la roccia si sbriciolò e io mi riempii le tasche di fossili intatti. Non so stimare il loro valore commerciale. Su Ebay ne ho visti di simili a prezzi ridicoli. Ad un certo punto mi trovo confusa. Non so in che direzione procedere. L’Òra mi scompiglia la frangia, è un vento tipico di qui, molto violento, comincia a soffiare alla stessa ora tutti i giorni. Nasce da uno sbalzo termico, così mi hanno spiegato tanto tempo fa.

La Polveriera, i Forti austro-ungarici che mi affascinano così tanto, i cunicoli, le grotte. Qui correva la linea del fronte, da una parte c’eravamo noi, dall’altra parte l’Italia. Finché nel 1919, nemmeno un secolo fa, diventammo ufficialmente dei vostri. La Prima Guerra Mondiale fu combattuta anche in mezzo alle rare orchidee scimmia del Brione. Nel corso degli anni i fortini sono stati illecitamente adibiti ad usi controversi. Da bambina, mia madre mi metteva in guardia con formule fiabesche. Non toccare per nessuna ragione – nemmeno con la punta della scarpa? Nemmeno con la punta della scarpa – le siringhe che potresti trovare per terra, non entrare mai nei fortini. Alla scuola di paese i miei compagni mi raccontavano delle messe nere che si tenevano in quegli antri decadenti, dei simboli misteriosi che avevano visto apparire sulla pietra. Ma erano gli anni Novanta e noi bambini eravamo pronti a credere praticamente a tutto.

 

Alcuni alberi di ulivo appartengono alla mia famiglia, quindi per proprietà transitiva sono miei. Lancio un saluto a mio nonno, perché so che è qui, da qualche parte, nella cavità di qualche tronco ritorto. È strano ma le due presenze più ricorrenti nei miei sogni sono proprio mio nonno – e Roberto Bolaño. Non ho ancora scoperto se esiste un collegamento tra i due. Di una cosa però sono sicura: non si tratta di semplici persistenze mnestiche, sono corpi eterei che entrano nei miei sogni per consegnarmi delle istruzioni.

Una combriccola chiassosa di giovani americani mi taglia la strada. Una parte di me non può fare a meno di considerare i turisti degli usurpatori. Peggio, dei profanatori. Perché la giunta comunale non stabilisce il divieto d’accesso per i non nativi?  Chi mi assicura che queste orde di barbari non sradicheranno piante rare destinandole all’estinzione, o non si porteranno via pezzi di Monte dopo averli picconati? Cosa nascondono in quei cazzo di zainetti ergonomici? Soprattutto cosa ne sanno loro di ciò che si annida quassù? Non ne hanno idea, ma io sì. E anche mio nonno. Forse anche mia madre, ma non me lo fa mai capire chiaramente. Se non fosse tanto evidente il cambiamento che subisce quando è qui, direi che non ne sa nulla. Ma poi eccola trasformarsi in un’altra persona. Una persona più antica dei suoi anni. Un animale che scivola sicuro nel suo territorio in grado di orientarsi decifrando segni che io intravedo solo parzialmente. Conosce i nomi di tutte le piante e distingue a colpo d’occhio quelle commestibili. Se per qualche ragione rimanesse bloccata quassù, saprebbe cavarsela senza problemi.

Salgo fin qui alla loro ricerca, solo che Loro non si fanno mai trovare. Ma sono abbastanza ostinata da tentare ogni volta. Loro parlano dal sottosuolo attraverso gli alberi, attraverso il fuoco morto nella roccia, è tutto quello che so e per il momento mi basta.